ALESSANDRA CARLONI – GET OUT

Il muro dipinto da Alessandra Carloni ci coinvolge in un viaggio onirico, bussando alle porte del nostro subconscio. Sullo sfondo di un cielo dall’atmosfera fiabesca, caratterizzato da morbide nuvole e tinte tenui, veniamo subito sorpresi da un gallo in corsa e dalla sua variopinta livrea.

L’animale, come suggerisce il titolo dell’opera, sta scappando: si tratta di un’allegoria del mondo animale e naturale, che si ribella all’uomo. Il pennuto è immortalato nel culmine dell’azione, evidenziata peraltro da alcune piume che scivolano via; indossa occhiali da aviatore e presenta elementi meccanomorfi, con bulloni ben in vista sulle articolazioni delle zampe e sul collo. Il richiamo alla cultura steampunk è piuttosto evidente, suggerendoci la passione dell’artista per la narrativa fantascientifica.

Di fianco al gallo, con la postura rivolta in direzione opposta, possiamo osservare il “viaggiatore dormiente”, personaggio presente in tutte le opere dell’artista romana. Si tratta di un vero proprio marchio di fabbrica, che rende i lavori della pittrice molto ben identificabili e riconoscibili. I tratti somatici del viso di questo giramondo sono volutamente indeterminati, con gli occhi dissimulati dall’ombra di una folta capigliatura; quasi a voler sottolineare che il suo viaggio si concretizzi in una dimensione surreale, irrazionale, certamente afferente al mondo dei sogni. La sua identità potrebbe essere la nostra, solleticando le fantasie erranti del nostro subconscio, in cerca di un’avventura inaspettata, oppure di un’esplorazione dei luoghi dell’Io.

In effetti le opere di Alessandra Carloni non si limitano ad essere rappresentazioni; sono anche vere e proprie narrazioni, con uno storytelling che si dipana indifferentemente su carta, tela oppure muro. Qui a Montesilvano possiamo apprezzare solo un fotogramma della sua pellicola onirica. Se avremo la fortuna di ammirare altri suoi lavori sarà nostro compito unire gli altri frames, nell’ordine che di volta in volta si riterrà essere quello più opportuno.

Torniamo però al nostro viaggiatore. Lo vediamo seduto sul bordo di uno dei muri di una casa, che viene impiegata alla stregua di una mongolfiera, come fosse un visionario mezzo di trasporto. Dal suo comignolo fuoriesce un denso fumo, che richiama nelle forme le nuvole su cui si libra il gallo. I due protagonisti di quest’opera appaiono ora meno distanti da quel che i loro atteggiamenti e le loro posture potrebbero suggerire: gli occhiali da aviatore sono indossati da entrambi, e la loro intima connessione viene enfatizzata da una briglia che solo idealmente li avviluppa, lasciandoli liberi da qualsiasi costrizione.

D’altronde il titolo stesso dell’opera è a tutti gli effetti un’esortazione: che invita ad uscire, evadere, scappare; foss’anche solo con la fantasia. Non importa dove e come. Quel che conta è viaggiare.

(Andrea Lucente)

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